“Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare”. Sono le parole di Daniel Pennac e mettono nero su bianco un mondo in bianco e nero, a colori, un mondo di impressioni e di ricordi. Era il mondo di Elisabetta Catalano, l’artista romana morta ieri, 4 gennaio, all’età di 70 anni in un ospedale della capitale.
“La” fotografa delle star iniziò come autodidatta collaborando con la carta stampata di casa nostra: L’Espresso, L’Almanacco Letterario Bompiani e Vogue Italia. Ma l’arte non conosce confini. Così Elisabetta puntò il suo obiettivo in alto e approdò alle edizioni americana, francese e inglese di Vogue lavorando a New York e Parigi. Ma il cuore era in Italia e, negli anni ’70, sposò l’avanguardista Fabio Mauri, artista concettuale che non finì soltanto nel suo album di matrimonio. Mauri, infatti, apparteneva alla cerchia di artisti concettuali con cui la Catalano collaborò all’epoca: Michelangelo Pistoletto, Vettor Pisani, Sandro Chia, Mimmo Rotella, Cesare Tacchi, Gino De Dominicis. Un amore, quello per Mauri, nato quando Elisabetta aveva solo 17 anni: s’innamorò delle sue opere, poi s’innamorò di lui.
Fotografa eterogenea, non si limitò a percorrere una sola strada: l’arte, la cronaca, il costume, l’attualità la portarono a realizzare scatti rimasti nella storia del cinema e dello spettacolo. La Catalano, infatti, iniziò a produrre ritratti d’arte di personaggi cari alla cultura del tempo. Una Monica Vitti che ascolta attenta e a braccia conserte Andy Wharol, Pierpaolo Pasolini con una Laura Betti in paltò nero e sigaretta in mano, una sensuale e semi nuda Corinne Clery, un bacio tra Achille Occhetto e la moglie sono solo alcuni dei più celebri scatti della Catalano. Il suo estro è stato celebrato da tante esposizioni che l’hanno vista protagonista: “Ritratti”, 1992, Roma; “Federico Fellini”, 1994, New York; “Gente di cinema”, 2004, Roma; “Volti: ritratti dalle collezioni”, 2005, Cinisello Balsamo; “Le fotografie”, 2005, Torino. L’ultima personale risale al 2011, a Bologna. Federico Fellini la chiamava “la bellissima principessa”: “Mi vedeva così attraverso le luci che gli mettevo intorno, come se fosse una scena di un suo film” raccontò lei. Ciao Elisabetta, ciao principessa!
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