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Paralimpiadi: Vogue Brasile photoshoppa i modelli e li rende disabili, è polemica

Terminate le Olimpiadi di Rio 2016, è il momento delle Paralimpiadi che avranno luogo dal 7 al 18 settembre a Rio. Per promuoverle, Vogue Brazil ha avuto una pensata che ha fa discutere.

È calato da poco il sipario sulle Olimpiadi di Rio 2016 (LEGGI ANCHE RIO 2016: LE CINQUE MIGLIORI UNIFORMI) che hanno regalato, come tutti i Giochi quadriennali, momenti indimenticabili e performance da record. Adesso è il momento – tradizionalmente – delle Paralimpiadi, riservate agli atleti disabili e ontologicamente dotate di una cassa di risonanza mediatica di gran lunga inferiore. Per pubblicizzarle, Vogue Brazil ha avuto una trovata particolare: photoshoppare le foto di due modelli e renderli digitalmente disabili. (LEGGI ANCHE KANYA SESSER, LA MODELLA SENZA GAMBE CHE GUADAGNA 1000 DOLLARI AL GIORNO).

Gli scatti, postati in preview sul profilo Instagram della rivista, hanno suscitato un comprensibile scalpore così come l’hashtag lanciato per l’occasione #SomosTodosParalímpicos. L’uomo e la donna “modificati” sono Cleo Pires e Paulo Vilhena. La foto della Pires è stata costruita ispirandosi a Bruna Alexandre (tennista da tavolo a cui manca un braccio) e quella di Vilhena a Renato Leite (giocatore di pallavolo senza una gamba). Polemiche di fuoco si sono abbattute sull’iniziativa che, a parere di molti, non presta l’adeguato rispetto ai disabili; una campagna del genere, è l’obiezione, sarebbe stata da realizzare con modelli veramente disabili e non con Photoshop.

La tennista Bruna Alexandre ha difeso il progetto, ribadendo l’importanza di diffondere e promuovere l’evento nel mondo anche grazie ai modelli protagonisti. Anche l’atleta Natàlia Mayara ha dichiarato su Facebook il proprio appoggio all’iniziativa: “Gente, l’idea era proprio quella: mostrare che chiunque può essere paraolimpico! Anche attori e modelli globali che tutti adorano; mostra che l’unica differenza tra loro e noi è la condizione fisica (…). Smettetela di far polemica per tutto“. Ma i “disabili photoshoppati sono davvero rappresentativi della comunità? E si può davvero dire “Siamo tutti disabili” quando il trait d’union è … un programma di modifica immagini?

Photo Credits Twitter, Instagram

Redazione

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