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Zara: perché la gonna di jeans è stata ritirata dai negozi?

Un nuovo scandalo si è abbattuto su Zara e questa volta c’entra una minigonna di jeans, che è stata ritirata dagli store.

Zara ormai è “abbonata” alle bufere mediatiche: dopo le polemiche sulla collezione genderless e la foto di due modelle skinny taglia 36 che avrebbero dovuto rappresentare delle curvy, una nuova svolta negativa ha contrassegnato il marchio di fast fashion spagnolo. L’episodio riguarda la gonna di jeans che è stata precipitosamente ritirata dagli store della catena. Come mai? Il motivo sarebbe da imputare alle rane poste con delle applique sul tessuto, che hanno sollevato non poche proteste per non limitarsi a essere delle toppe simpatiche.

Il simbolo ricorderebbe un’icona razzista, più precisamente “Pepe the frog”, meme utilizzato a partire dal 2005 dalla destra suprematista americana. Le tre ranocchie hanno suscitato scalpore a seguito dell’intervento della giornalista americana Meagan Fredette, che ha scritto su Twitter: “Ma veramente Zara ha deciso di vendere una minigonna con l’immagine di “Pepe the frog?”. Il cinguettio ha scatenato uno sciame di polemiche, che sostenevano che la gonna fosse un capo nazi-friendly e inneggiante alla destra estrema nonché al trumpismo. Il simbolo era riapparso infatti durante l’ultima campagna elettorale americana della destra innestata sul viso del futuro presidente Donald Trump. Il disegno riportava la scritta “You can’t stump the Trump“, cioè “Non puoi fermare Trump”.

Zara ha risposto con una nota che le polemiche erano ridicole e assurde: “La gonna appartiene ad una collezione limitata creata in collaborazione con alcuni artisti. Il progettista della gonna si chiama Mario Santiago, conosciuto con il soprannome di Yimeisgreat. Non c’è assolutamente alcun legame con il tema contestato”. Ma poi il 19 aprile ha ritirato la gonna dagli store. Voi che ne pensate? Le polemiche e il collegamento con il tema nazista sono stati esagerati?

 

LEGGI ANCHE ZARA: “AMA LE TUE CURVE”, MA SONO TAGLIE 36, LE POLEMICHE

Photo Credits Twitter

 

Redazione

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