Christian Bachini: “Quando mi alleno indosso jeans e giubbotti di pelle” [INTERVISTA]

Oggi, lunedì 26 ottobre, andrà in onda su Rai Due alle 21.15 la nona puntata di Pechino Express, adventure game condotto da Costantino Della Gherardesca. Siamo arrivati alla semifinale e le coppie rimaste in gara sono davvero poche: troviamo gli #Antipodi, gruppo formato da Roberto Bertolini (leggi l’intervista di Velvet Style) e Andrea Pinna (leggi le interviste di Velvet Style), le #Persiane Giulia Salemi (leggi l’intervista di Velvet Style) e Fariba Tehrani (leggi l’intervista di Velvet Style), le #Professoresse Laura Forgia (leggi l’intervista di Velvet Style) ed Eleonora Cortini (leggi l’intervista di Velvet Style) e gli #Espatriati Son Pascal e Christian Bachini. Questi ultimi due hanno una storia particolare: il primo è diventato famoso in Kazakistan grazie alla sua passione per il canto, mentre il secondo in Cina per quella delle arti marziali.

Com’è andata l’esperienza di Pechino Express?
Posso affermare senza ombra di dubbio che sia andata alla grande. Prima di accettare di partecipare non conoscevo minimamente il programma, io ho sempre guardato pochissima tv e, vivendo in Cina da anni, ormai il mondo televisivo italiano per me è del tutto sconosciuto. Mentre raccoglievo informazioni su questo adventure-game per appurare che non si trattasse del classico reality, molti, oltre ad assicurarmi l’assoluta qualità del programma mi ripetevano che vari partecipanti delle passate edizioni avrebbero fatto di tutto pur di avere una chance di ripetere quest’avventura. Sul momento pensavo si trattasse solo di tipiche frasi di circostanza o di semplici battute, ma adesso che vi ho partecipato in prima persona posso affermare senza ombra di dubbio che Pechino Express è stata per me non solo una bellissima avventura ed un magnifico viaggio, ma soprattutto una grande lezione di vita e se ne avessi l’occasione non esiterei a parteciparvi di nuovo. Indipendentemente dal viaggio e dal visitare luoghi assolutamente magnifici, la bellezza di Pechino Express è ciò che ti insegna a livello umano. Vivendo in un mondo ormai votato al consumismo e ai beni materiali, dove ormai possedere una borsa di marca o una macchina di lusso conta quasi di più della salute stessa, trovarsi di fronte a persone che non possiedono quasi niente ma che fanno di tutto per darti una mano e cucinarti una zuppa calda con quel poco che hanno ti fa ricordare con chiarezza quali dovrebbero essere ancora i valori veri della vita. La bontà delle persone che ho conosciuto durante il viaggio resterà per sempre impressa nei miei ricordi più di ogni altra cosa. E’ una cosa che ti colpisce a fondo e per questo motivo non importa dove ci trovassimo e che tipo di ospitalità ci venisse offerta, se un letto, un materasso o una stanzina sporca piena di insetti. Col mio compagno di squadra non abbiamo mai detto di no a nessuno, né rifiutato l’ospitalità, perché vedere queste persone prodigarsi per darci una mano era per noi già un regalo grandissimo. Questa è stata per me l’anima di Pechino Express. Ovviamente poi è una gara dove bisogna dare il massimo se si vuole arrivare in fondo, servono sudore, sangue freddo e tanta grinta. E’ una sfida non solo contro le altre coppie in gara ma soprattutto contro se stessi. Io lavoro nel cinema d’azione in Cina quindi sono abituato alla fatica estrema e a condizione poco agevoli, ma a Pechino Express ho potuto provare sulla pelle cosa significhi trovarsi in condizione critiche e poter contare solo su se stessi e sul proprio compagno di viaggio.

Come mai hai deciso di andare a vivere all’estero?
La decisione è stata dettata esclusivamente dal mestiere in cui intendevo specializzarmi e dal sogno che volevo realizzare. Io ho sempre amato i film di arti marziali e i film d’azione cinesi e di Hong Kong. Sin da giovanissimo li ho sempre considerati superiori alle loro controparti hollywodiane e sopratutto ho sempre ritenuto gli attori action orientali dei “duri” nel vero senso della parola, dato che non usano controfigure ed eseguono acrobazie ai limiti della morte pur di far divertire il pubblico. Da li è nato il mio sogno di entrare a fare parte della famiglia delle leggende cinesi dei Kung Fu movies e di cercare di intraprendere una carriera di successo in Asia. Ad Hong Kong c’erano già stati esempi di attori occidentali che avevano lavorato nei film di arti marziali, il più famoso Jean-Claude Van Damme che aveva collaborato con alcuni registi hongkonghesi, e poi Richard Norton, Cynthia Rothrock etc. Anche il nostro Giorgio Pasotti aveva fatto delle parti in alcune produzioni di Hong Kong. L’unico vero terreno vergine dove nessun occidentale si era mai imposto come Star del genere di arti marziali era la Cina che tra l’altro si dava il caso fosse un Paese che io amavo alla follia, non solo per la millenaria tradizione di arti marziali, ma anche per la cultura e la filosofia cinese che mi affascinavano da sempre. Lì si presentava per me la vera sfida e tenendo conto che la Cina è anche la terra madre del Kung Fu la scelta di dove tentare la fortuna per me è stata chiara fin da subito. Oltretutto in Italia il genere d’azione è morto da secoli ormai. Noi che eravamo dei maestri e che abbiamo fatto scuola anche ai più grandi registi americani, sembriamo esserci scordati del nostro glorioso passato e adesso ci siamo ridotti a girare commediole e presunti film “d’autore”. Quindi per me qui non c’era assolutamente niente da fare ne nessuno sarebbe stato in grado di capire ne sfruttare il mio talento.

Ogni volta che fai la valigia per un viaggio cosa non può mancare?
Non possono sicuramente mancare alcuni attrezzi fondamentali per i miei allenamenti, cavigliere, pesi, piccoli manubri, elastici per l’allenamento di calci etc. Per via del mio lavoro anche quando non sono sui set viaggio comunque moltissimo e quindi ho la necessità di potermi mantenere in forma durante trasferte di ogni tipo. La mia ragazza si lamenta sempre del fatto che i miei bagagli pesano una tonnellata e contengono più attrezzi sportivi che vestiti. Altra cosa che considero di pari importanza con l’attrezzatura sportiva è di sicuro un bel libro. Sono un grandissimo lettore di romanzi thriller, horror e gialli, e ogni mese ne divoro almeno tre o quattro. Quando viaggio controllo sempre che in valigia ci sia anche il romanzo che sto leggendo al momento perché la mia curiosità è troppa per poter attendere il mio ritorno per scoprire come la storia andrà a finire.

Cosa lasci invece volentieri a casa?
Lascio il mio portatile, almeno quando posso. Il mio lavoro è fatto anche di relazioni pubbliche, meeting Skype e tonnellate di email. In quei viaggi in cui saprò di non averne bisogno la gioia di potermi separare da quel monitor rettangolare è davvero immensa.

Il fatto di vivere all’estero ha influenzato anche il tuo look?
Sicuramente vivere in Cina ha influenzato il mio look e non poco. Le regole dell’abbigliamento e del fashion sono nettamente diverse tra Oriente e Occidente. Quando ero in Italia amavo molto avere un look pseudo-gangster, con giacche nere, camicie sgargianti e scarpe di pelle. Sempre molto elegante e fuori dal comune. In Asia invece va molto di moda lo street-style oppure gli abiti tradizionali cinesi con i classici bottoni orientali uniti ad uno stile più moderno e trendy. Quindi il mio look originale si è fuso molto con questo flavour cinese. Oltretutto a Shanghai ad esempio mi chiamano il “ranger solitario” per via di alcuni ruoli che ho interpretato, quindi ormai ho unito al mio look anche uno stile più urban cowboy. Anche come acconciature di capelli siamo su pianeti diametralmente opposti. In Cina vanno di moda capelli lunghi che coprono gli occhi, gel a profusione e lacca. Io ho sempre avuto il look del bravo ragazzo, da quando lavoro in Asia invece ho rimediato adottando una pettinatura a cresta, nonostante abbia i capelli mossi, a cui abbino una barba un pò mefistofelica da bad boy. Ormai questo è diventato il mio look classico che cambio molto raramente anche quando sono sul set.

Che differenze sostanziali hai trovato tra il modo di vivere la moda in Italia e in Cina, tra Prato e Shanghai?
La moda in Italia ritengo sia vista in modo più rilassato rispetto a come viene percepita in Cina. Laggiù ciò che va di moda, ciò che è fashion, trendy, sono status symbol da raggiungere ad ogni costo. Almeno questa è la visione delle generazioni giovani. Appena un cantante o un attore lancia un nuovo look tutti fanno in modo di adattarsi a quello. I giovani sono tutti vestiti in modo impeccabile quando escono la sera, le ragazze truccate e sexy. Non esiste il casual. Per i cinesi non è neanche considerato un look. Shanghai poi è un esempio eclatante di questa visione della moda. E’ una città molto moderna che attira giovani in cerca di fortuna da ogni singola provincia della Cina. Li le apparenze contano, lo status symbol è fondamentale ed è per questo che Shanghai è anche un grande centro per la moda in Oriente. In Italia invece credo tutti vivano la moda in modo molto più rilassato se non quasi passivo in certi casi. Noi siamo abituati a vestirci in modo comodo e funzionale a ciò che dobbiamo affrontare durante la giornata. Non vivo in Italia da anni ormai ma anche durante questo mio rientro non ho mai visto ragazze o ragazzi fare la fila per acquistare capi di abbigliamento che abbinati insieme li renderanno simili nel look a questo o quel cantante o attore. Parlando di Prato poi, onestamente non avevo mai notato alcun tipo di attenzione a riguardo. I giovani si vestono comodi e le ragazze ovviamente danno il meglio di se senza però strafare con trucchi pesanti e simili.

Cosa indossi quando fai arti-marziali o comunque ti alleni?
Solitamente quando mi alleno con i ragazzi del mio stunt team tendo ad indossare jeans e giubbotti di pelle o sempre di jeans. Sembra una cosa folle ma il motivo dietro a questa apparente follia è la chiave del mio mestiere. Quando giriamo sui set, interpretiamo questo o quel personaggio, dal cowboy al ninja, dal gangster al poliziotto, la necessità è quella di essere in grado di combattere al meglio della forma nonostante si indossino abiti scomodi e che impediscono molto i movimenti. Onde essere più abituati a queste situazione la cosa migliore è allenarsi a combattere in abiti comuni e talvolta scomodi. Non avrebbe senso allenarsi con gli stuntman in pantaloncini corti e maglietta sapendo che sul set poi indosserai smoking e soprabito, oppure un lungo cappotto di pelle e stivali di cuoio. Allenarsi con abiti di jeans e di pelle ti abitua a lavorare “scomodo” in un certo senso. Questo è un piccolo trucco peculiare di chi fa genere d’azione in Cina. Quando non mi alleno per i film, ma solo per mantenermi in forma ovviamente scelgo invece un abbigliamento comodo. Un t-shirt leggera e pantaloncini corti per evitare di sudare troppo e per godermi di più gli sforzi muscolari e tenere d’occhio l’aspetto del corpo o la forma del fisico durante una determinata tecnica marziale.

Cosa ti piace indossare fuori dal set?
Di solito amo indossare vestiti comodi ma comunque stilosi, spesso jeans e giubbotto di pelle nera, un pò stile greaser anni ’60. Spesso per mantenere un pò l’anonimato o per evitare di perdere tempo a pettinare i miei capelli ribelli, abbino ai miei look vari tipi di cappelli simil Borsalino, un pò stile Padrino anni ’30. Diciamo che porto anche al di fuori del mio lavoro uno stile un pò da duro e fuori dall’ordinario ma in ogni caso comodo. Non amo decisamente avere un look troppo sportivo se devo essere sincero.

Vorresti lavorare nel cinema italiano?
Di sicuro il mio temporaneo rientro in Italia è votato ad aprire una strada per me all’interno del cinema italiano. Voglio cercare di importare il genere in cui sono ormai specializzato anche qui in Italia ed unirlo ai filoni classici del nostro cinema. Visto che un tempo eravamo appunto i re del cinema d’azione – oggi chiamato molto stupidamente cinema “di genere”, una denominazione che non ho mai capito e che non fa altro che sminuire i nostro capolavori del passato – voglio cercare di far nascere un nuovo filone d’azione unito però alle arti marziali. Di sicuro c’è la possibilità di dare vita ad una nuovissima commistione di generi mai vista prima e di scrivere una nuova pagina di storia negli annali del nostro cinema. Questo è quello a cui mi sto dedicando al momento.

Con quali attori vorresti collaborare?
Beh, la domanda è complicata perchè il novanta per cento dei nomi con cui vorrei lavorare oggi non sono più parte del moderno cinema italiano. Per me sarebbe un sogno girare un poliziesco con Enzo G. Castellari per esempio, o trovarmi a fianco di attori cult come Fabio Testi, con cui comunque ho già lavorato in Cina, oppure Bud Spencer, Terence Hill etc. In America Stallone ha fatto centro con la saga de “I Mercenari” e noi in Italia abbiamo grandissimi attori cult che andrebbero messi di nuovo ad interpretare personaggi che si confacciano alle loro radici cinematografiche. Parlando del moderno cinema italiano come attori desidererei molto lavorare con Raoul Bova. Raoul so che nasconde un profondo amore per tutto ciò che è adrenalina e azione e di sicuro ha un look che si confà alla perfezione a questi generi. Oltretutto ha già molta esperienza avendo interpretato ruoli da duro in vari film e serie tv. Un bel film action al suo fianco non sarebbe male. Oltre a Bova, un attore con cui comunque lavorerò presto insieme e che ritengo possa indossare con grande successo i panni di eroe action è Luca Argentero. Ci siamo conosciuti grazie ad un collega in comune, e subito ho trovato in Luca grande passione per il genere ed una grande voglia di sperimentare nuovi ruoli come attore. Lavoreremo presto insieme in un poliziesco d’azione alla “Arma Letale” e di sicuro faremo scintille. Per finire adorerei lavorare con Luca Zingaretti. Zingaretti è un grandissimo attore e come scordare la sua magistrale interpretazione nel “Commissario Montalbano”. Con un grande attore come lui potrei anche rinunciare all’azione per dedicarmi a qualcosa di più prettamente giallo o noir.

E quali registi?
Al momento sembrano esserci solo due nomi in grado di capire e di appassionarsi alla mia crociata. Stefano Sollima in primis. Ho visto i suoi lavori e finalmente vedo un regista italiano che picchia duro su generi diversi dai soliti. Sarebbe di sicuro bello poter lavorare insieme. Gira voce che si stia preparando la serie tv di Django, non so se sarà lui a dirigerla ma in caso lotterei per avere il ruolo del protagonista. Un altro nome interessante è quello di Alexis Sweet. Gira voce che sia uno dei pochi a girare delle scene d’azione degne di merito quindi direi che è di sicuro un nome da tenere d’occhio. Infine ho in mente una impaticissima idea per una commedia a base di Kung fu per la quale vorrei collaborare con un regista toscanaccio come me, Giovanni Veronesi, che ho avuto modo di conoscere di recente. In ogni caso sono tornato per portare un pò di scompiglio nel cinema italiano e non me ne andrò finchè non avrò avuto modo di girare un bel combattimento per le strade di Roma o aver visto ribaltarsi qualche macchina per le strade di Firenze durante un bell’inseguimento.

Cosa ci dici del poliziesco con Argentero?
Un film stile “Arma Letale” e “Rush Hour” che ci vedrà impegnati in una lotta all’ultimo sangue contro la mafia giapponese, causa di una serie di omicidi nella Chinatown romana. Con Luca abbiamo pensato a questo progetto come al primo di una trilogia di film che vedranno me e Luca impegnati via via in avventure sempre più adrenaliniche e divertenti e, chissà, che magari si sposteranno dal loro set italiano fino a raggiungere set orientali.

Altri progetti in ballo?
Oltre a questo film con una grossa produzione romana abbiamo poi in cantiere una serie di quattro film d’azione in co-produzione con la Cina e che serviranno da apripista ad una futura collaborazione tra i due paesi sempre più stretta. Ho poi tra le mani un bellissimo soggetto per una serie tv poliziesca ambientata a Livorno e sceneggiata da due noti sceneggiatori italiani e che prevedo di far produrre ai miei partner cinesi, e poi altri due soggetti per i quali sto cercando una produzione tutta cinese e che sono scritti da sceneggiatori italiani ma che saranno interamente girati in Asia. Per concludere, poi presenterò una serie di documentari cinesi dedicata alle leggende della cultura cinese ideata dallo scrittore pratese David Ceccarelli e che sarà prodotta da alcune personalità della comunità cinese di Prato e alcuni investitori cinesi con sede a Parigi. Un progetto molto bello e ambizioso che credo sia anche una bellissima continuazione dell’avventura che ho vissuto a Pechino Express, visto che mi avventurerò al fianco di David in luoghi impervi della Cina alla scoperta di misteri e ambienti fenomenali. E poi girava voce di un reality basato sulle arti marziali con me presentatore del quale però ancora non posso rivelare molto. Solo il tempo ci farà scoprire cosa succederà ma per il momento posso dire senza ombra di dubbio che gli impegni non mi mancheranno di certo!

Foto by Ufficio Stampa

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