Primark arriva in Italia ma la polemica non si arresta: cosa c’è sotto il costo finale?

È il tempio della moda low cost Made in London. Abbigliamento uomo, donna e bambino, accessori, underwear: Primark è la catena di grandi magazzini inglesi che spopola non solo per la scelta ma, soprattutto, per i prezzi stracciatissimi. Nato tra Inghilterra e Irlanda alla fine degli anni ’60, il marchio, nel tempo, ha aperto oltre 270 negozi sparsi per la Francia, la Germania, l’Inghilterra e l’Irlanda. All’appello ancora mancano diverse nazioni tra cui l’Italia. Ma, attenzione. Antenne alzate per le fashion addict italiane: entro il 2015, in Italia, apriranno tre store. Le città prescelte sono Milano, Roma e Venezia.

Entusiasmo delle fashioniste a parte, c’è una questione che continua a far discutere: il low cost piace a tutti, è conveniente e consente di comporre un guardaroba all’ultima moda mettendo mano al portafoglio senza sudare sette camicie al momento della stampa dello scontrino. Ma come si arriva ad un prezzo finale così basso? Chi si occupa di diritti umani non trova pace quando si tratta di affrontare queste faccende. Infatti, Primark è stata più volte accusata di sfruttare la manodopera da Bangladesh, Cambogia, Indonesia e Cina. Un Made in England o un Made in Italy non potrebbero mai garantire un costo finale di quel tipo.

Ma il grande magazzino non arresta la corsa e fa parlare di sé per le nuove aperture. Gli uffici stampa non si sbottonano e trapelano solo alcune indiscrezioni. Una cosa è certa: sarà enorme! E sistemato su più livelli. Se ne parlava da tempo, ma ancora la catena d’abbigliamento non aveva mai dato né conferma né smentita circa lo sbarco del monomarca nel nostro Paese. Adesso il sogno diventa realtà per quanti hanno già potuto sperimentare oltreconfine lo shopping a basso costo. Un risvolto positivo è sicuramente la scossa che darà all’economia nazionale: tra commessi e ruoli di responsabilità, Primark arruolerà un personale a molti zeri. Ed è già possibile collegarsi alla pagina “lavora con noi” della catena e candidarsi. E in casa nostra tremano i veterani: come fronteggiare la concorrenza?

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