Abercrombie & Fitch, razzismo e molestie: non si assumono persone di colore e sovrappeso

Discriminazione razziale e molestie sessuali all’interno dell’azienda. Una dipendente del marchio Abercrombie & Fitch ha rilasciato un’intervista al web magazine xojane.com rivelando episodi e dettagli scioccanti. Ha preferito mantenere l’anonimato per una forma di tutela personale e professionale. Per i media non ha un volto ma la sua storia sta già facendo molto discutere.

È stata ingaggiata da due modelli che avevano notato il suo look, perfetto per lavorare da Abercrombie & Fitch, dicevano. Gli episodi che la donna racconta si sono svolti prima che l’amministratore delegato del marchio, Mike Jeffries, si licenziasse lo scorso dicembre: “Ha fatto di tutto perché i modelli attirassero la clientela il più possibile e questo significa che venivano scelti modelli magri, alti e dalla pelle chiara” dice lei. E non si tratta di una novità perché Abercrombie & Fitch, negli anni, è stata al centro di molte cause legali con accuse di discriminazione a punto che, nel 2006, l’azienda si trovò a pagare un’ammenda di 40 milioni di dollari.

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Bella presenza, colore della pelle e anche peso forma. Le polemiche, recentemente, si sono inseguite nei corridoi della Abercrombie riguardo la scelta di non assumere personale sovrappeso. Non solo: “La maggior parte dei modelli di colore veniva mandata a casa non appena Mike Jeffries li vedeva”. Ma, ad un certo punto, la situazione ha iniziato a degenerare quando una cassiera è stata costretta a cambiare uniforme perché quegli abiti non erano abbastanza attraenti con un invito ad indossare gonne e shorts più hot, nonostante le molestie dei clienti. Da quel momento, la nostra “anonima” ha iniziato ad odiare il suo lavoro: “Quello che una volta era un divertente ed accomodante lavoro part-time, ha cominciato a farmi rivoltare lo stomaco”. Nonostante le multe con cui i giudici hanno scelto di punire certi comportamenti, nell’azienda non è cambiato nulla. Nemmeno dopo quell’ammenda da 40 milioni di dollari: “È ancora l’insulso marchio di 10 anni fa”.

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