Il New York Times attacca la moda italiana: “Pagano le sarte 1€ l’ora, sfruttate come in Cina”. Scoppia la polemica

Il New York Times ha attaccato la moda Made in Italy nell’inchiesta “Inside Italy’s Shadow Economy” dell’edizione odierna. Il famoso quotidiano americano ha accusato alcune grandi griffe tra cui Fendi e Max Mara, che dovranno sfilare proprio oggi alla Milano Fashion Week, di produrre capi di abbigliamento col lavoro nero in Puglia, pagando le sarte 1 euro l’ora. L’inchiesta del NYT si apre con le dichiarazioni di una sarta di Santeramo in Colle, un paese in provincia di Bari, che ha chiesto l’anonimato per parlare delle sua condizioni di lavoro sottopagate. Nell’intervista del quotidiano americano viene descritto l’ambiente di lavoro in cui la signora produce i capi di abbigliamento, seduta al tavolo della sua cucina dove “sta cucendo con cura un sofisticato cappotto di lana, il genere di capo che si venderà dagli 800 ai 2.000 euro quando arriverà nei negozi”. Il New York Times ha accusato la moda Made in Italy di sfruttare il lavoro delle sarte che ricevono “solo 1 euro dalla fabbrica che la impiega per ogni metro di tessuto che completa“. “Mi ci vuole circa un’ora per cucire un metro quindi circa quattro o cinque ore per completare un cappotto intero” ha dichiarato la donna nell’intervista. Inoltre secondo quanto riportato dal quotidiano americano la sarta lavorerebbe anche senza contratto e senza assicurazione, nonostante collabori con una fabbrica locale che produce capispalla per alcuni dei brand di lusso più famosi nel mondo della moda.

In pronta risposta alle accuse fatte dal NYT sono arrivate le parole del presidente della Camera della moda, Carlo Capasa, il quale non ha accettato i risultati dell’inchiesta e ha promesso una battaglia legale. “Quello del New York Times è un attacco strumentale che nasce senza aver fatto una vera indagine. Io sono pugliese e la Puglia non è il Bangladesh. Citano fonti sconosciute e dicono anche che in Italia non abbiamo una legge sul salario minimo e questo è grave. Le nostre sono aziende serie, se i subcontratti hanno fatto delle stupidaggini questo va perseguito, ma condividiamo tutti lo stesso contratto per la tutela dei lavoratori. Se poi volevano demonizzare il lavoro domestico trovo che sia sbagliato, ha un senso purché sia ben pagato”. E prosegue annunciando: “Replicheremo al New York Times in modo pesante, […] siamo il Paese che ha fatto di più per questi diritti, il primo a perseguire gli abusi, non c’è nessuna connivenza delle aziende italiane perché non ne hanno bisogno, non abbiamo bisogno di sfruttare nessuno“. Secondo Capasa, infatti le accuse pubblicate dal New York Times sono state messe in circolazione in questi giorni proprio perché a Milano è iniziata la Fashion Week con il green carpet, e ha aggiunto il presidente della Camera della moda: “siamo bravi e questo dà fastidio“.

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