Quanto costa avere (e crescere) un figlio in Italia: le cifre

Il calo demografico è uno dei mali oscuri che affliggono l’Italia ormai da decenni. I costi troppo alti sono tra le cause principali

Un problema che l’Italia porta con sé ormai da troppi anni, il calo demografico continua ad affliggere il Paese. Il tasso di natalità continua a toccare i minimi storici, senza che si intraveda alcuna luce in fondo al tunnel. Gli scenari più apocalittici prevedono che di questo passo si avvicinerà pericolosamente alla soglia zero.

Tra i motivi che comportano una rinuncia alla genitorialità c’è al primo posto la questione economica. Nella gran parte dei sondaggi condotti in merito, le coppie intervistate lo vedono come la principale causa. Non solo, perché al complicato periodo storico che stiamo attraversano si aggiungono i pochi aiuti da parte dello Stato.

Una tendenza che è destinata a persistere sullo stesso andamento, nonostante continuino ad arrivare dal Governo proclami che parlano di una ricerca assidua per arrivare alla soluzione. Il paragone con gli altri Paesi europei poi è impietoso, in altri Stati infatti la struttura assistenziale pare stia funzionando e comincia già a dare i primi frutti.

Quanto costa mantenere un figlio in Italia? I dati impressionanti

La Banca d’Italia ha rielaborato alcuni dati forniti dall’Istat per capire le motivazioni del malessere incurabile, la conclusione è sorprendente. I numeri infatti parlano di una spesa media per mantenere un bambino dalla nascita fino alla maggiore età che si aggira attorno a 640 euro al mese.

All’interno dei costi rientrano le spese alimentari, quelle per i trasporti e la casa. A questi vanno aggiunti i soldi da investire nel tempo libero dei ragazzi, parliamo quindi di hobby e sport, oltre all’istruzione, l’abbigliamento e la salute. Il risultato finale è che ben un quarto del reddito di ogni nucleo familiare è destinato ai figli.

famiglia figli bambini
Quali sono i costi che una famiglia con figli piccoli deve sostenere – velvetstyle.it

Le statistiche del 2020 apparivano in realtà meno scoraggianti (580 euro mensili) ma sono state parzialmente influenzate dal fatto che in Italia imperversava la pandemia quindi molte delle attività sono state interrotte e gli spostamenti azzerati. La fascia d’età che richiede un esborso maggiore è probabilmente l’infanzia, su cui gravano i costi per l’acquisto di pannolini e l’iscrizione alle scuole nido.

Calcolatrice alla mano, il portale Moneyfarm ha stimato una spesa totale dai 0 ai 18 anni tra i 96mila e i 183mila euro, sulla stessa linea anche Federconsumatori, il cui Osservatorio parlava di una cifra vicina ai 7mila euro l’anno (circa 175mila complessivi). Insomma, non proprio spicci. È probabilmente anche per questo che molte coppie nel nostro Paese scelgono di non averne proprio o magari di rimandare il grande passo a momenti economicamente più ‘felici’.

Tra le cause anche il trattamento impari rivolto alle lavoratrici, spesso costrette a rinunciare alla maternità perché ingabbiate contratti poco remunerativi o a condizioni poco vantaggiose. Ribaltare le sorti del tasso di natalità in Italia dovrà passare anche per il mondo del lavoro, prima che la popolazione si ingolfi definitivamente nel trend.

Il 2022 l’anno peggiore per la natalità in Italia

Sull’agenda del nuovo ministro della Famiglia Eugenia Roccella la questione è segnata col pennarello rosso, non a caso ha deciso di modificare per l’occasione il titolo del suo incarico aggiungendo il termine natalità. Tuttavia, il prospetto di natalità zero nel nostro Paese non è più solamente un’ipotesi distopica. Le condizioni economiche in cui riversa la popolazione in Italia porteranno difficilmente a un’inversione del drastico calo cui si è incappati negli ultimi decenni.

Tasso natalità Italia
Eugenia Roccella è il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità – velvetstyle.it (fonte foto ANSA)

L’anno peggiore è stato il 2022, quando il numero di nascite per la prima volta è sceso al di sotto della soglia di allerta di 400mila. È stato l’Eurostat a sottolineare con il tasso di fertilità sia rimasto bloccato su 1,3 figli per donna, il dato più basso a livello europeo. L’assegno unico pare non essere la soluzione, soprattutto in un periodo di crisi tra i più bui degli ultimi tempi. Limitatissima inoltre l’offerta di asili nido che raggiunge solamente il 26% dell’utenza quando in altri Paesi si supera ampiamente il 30. Per non tirare in ballo paragoni sul congedo parentale, ai limiti del bizzarro: in Italia 10 giorni, in Francia 28 e in Germania fino a 14 mesi.

Per risolvere questione Roccella è convinta che serva una rivoluzione culturale, lo ha ribadito anche un mese fa al Convegno Natalità, conciliazione, welfare aziendale organizzato dal Consiglio regionale del Lazio: “C’è un problema culturale in Italia, non si fanno figli proprio per quello. Ricordo un incontro che feci assieme al giornalista Francesco Verderami che in quell’occasione sottolineò come oggi l’alternativa sia tra uno spritz e un bambino. Cosa voleva dire? Che oggi i giovani hanno opportunità che un tempo non c’erano, fare figli vuol dire creare un ostacolo per queste opportunità”.

In attesa di soluzioni concrete che portino al cambio di rotta il ministro ammette: “La mia idea è di eliminare questi ostacoli, l’obiettivo è far sì che lo spritz diventi il figlio. Bisogna creare un ambiente amichevole attorno alla genitorialità”.

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