Avete presente il modo di dire: “Quando è troppo, è troppo”? Bene, in Svizzera è successo proprio questo: la giovane blogger Emelie Eriksson, stufa delle sempre più insolenti pubblicità sessiste, ha lanciato dai post del suo blog una discussione che vede al centro delle polemiche il marchio American Apparel. Il brand statunitense è accusato di puntare sul sesso per sponsorizzare le sue collezioni, facendo risaltare l’immagine di una donna sottomessa e provocatoria nelle sue campagne pubblicitarie.
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Non è la prima volta però che American Apparel si trova a fare i conti con questo tipo di accuse, effettivamente i servizi fotografici del noto marchio molto spesso sono allusivi, specialmente quando si tratta di capi unisex: lo stesso capo viene indossato dal modello e dalla modella ma, ad esempio, se la camicia a quadra lui la porta chiusa e in maniera disinvolta, lei puntualmente è molto più scoperta, in pose inequivocabili e che lasciano pensare a qualsiasi cosa tranne che all’acquisto del capo stesso.
Ma a queste accuse Dov Charbey, creatore e proprietario del marchio, risponde senza problemi: “Il sesso fa parte del prodotto”. Ammette così di puntare sull’ambiguità degli scatti per promuovere le collezioni e focalizzare l’attenzione sul brand, mossa astuta sicuramente ma che non a tutti però è piaciuta. In Inghilterra infatti alcuni negozi hanno deciso di censurare le campagne, mentre alcune associazioni dei consumatori svedesi hanno chiesto l’intervento delle autorità per vigilare sulla pubblicità del marchio.
In ogni caso pare che Charbey non abbia nessuna intenzione di cambiare la sua strategia di marketing.
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